Dom, 6 Ottobre 2024
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Aggressioni medici, La Mantia: “Non possiamo perdere tempo”

I dati del Simes e il primato (negativo) della Sicilia: l’intervento di Igo La Mantia, presidente dell’OMCeO di Catania

Solo nel 2022, in Sicilia, si sono verificati 20 casi di violenza contro medici, specializzandi o operatori sanitari. A evidenziarlo è la ricerca effettuata dal ministero della Salute attraverso Simes (Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità). Lo studio ha monitorato il fenomeno in tutta Italia e con i risultati è stata emessa una classifica che vede Sicilia e Puglia in vetta. 

Gli eventi cosiddetti “sentinella” (parenti o amici di pazienti che minacciano e aggrediscono il personale del pronto soccorso o i medici di guardia, ndc) nell’anno appena concluso in Italia sono stati 85 contro i 60 dell’anno precedente. Il dato, in crescita rispetto al 2021, fotografa una situazione oltremodo preoccupante che ha spinto il ministro della salute Orazio Schillaci a riunire, proprio in queste ore, l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza per approfondire il fenomeno.

La mappatura del ministero ha fornito un quadro allarmante, la cronaca nei mesi scorsi ci ha lasciato in eredità immagini di violenza inaudita, è stato lo stesso Filippo Anelli (presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici) a chiedere l’intervento del Governo per «istituire un fondo speciale per l’adeguamento delle strutture sanitarie alle misure di prevenzione previste dalla legge 81 e disciplinare le modalità di attuazione della legge 113 del 2020, soprattutto per quanto riguarda la procedibilità d’ufficio». 

Ma se il problema risulta evidente nell’intero Paese, in Sicilia la faccenda ha raggiunto livelli di guardia. «Non si può più perdere tempo – dichiara Igo La Mantia, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Catania – nei mesi scorsi abbiamo assistito a scene indecorose, colleghi che nello svolgimento della loro attività professionale sono stati aggrediti, minacciati, terrorizzati negli ospedali o negli studi privati. Il dato che ci fornisce il Simes può essere collegato, in parte, alla voglia di molti nostri colleghi di abbandonare le strutture pubbliche o addirittura di appendere il camice bianco per sempre e dedicarsi alla vita accademica. È il momento di sedersi intorno a un tavolo, coinvolgendo gli Ordini dei medici, le Associazioni di categoria, i responsabili territoriali del Governo. Tra le iniziative per la sicurezza del personale sanitario, il ministro aveva parlato di rendere efficiente le attività di monitoraggio e prevenzione dell’Osservatorio Nazionale e di rendere nuovamente operativo il Comitato nazionale per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive: potrebbe essere un primo passo, ma è urgente intanto una riflessione profonda per limitare i fatti fin qui accaduti e evitare che addirittura sfocino in qualcosa di molto più grave».

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