La medicina generale italiana è a un bivio. A denunciarlo è il presidente nazionale del Sindacato Medici Italiani (SMI), Ludovico Abbaticchio, che in una lunga riflessione evidenzia le criticità sempre più gravi del settore e traccia alcune possibili vie d’uscita.
Secondo Abbaticchio, la medicina territoriale, primo presidio di contatto tra cittadini e sistema sanitario, sta vivendo una crisi profonda, segnata da una drammatica carenza di personale e da un ricambio generazionale che stenta a decollare. I numeri sono allarmanti: già oggi mancano circa 4.000 medici di medicina generale (MMG), e la situazione è destinata a peggiorare con i pensionamenti previsti nei prossimi cinque anni. Entro il 2027, circa 35.000 medici lasceranno il servizio, mettendo seriamente a rischio la capacità del Servizio sanitario nazionale (SSN) di garantire cure di base adeguate.
Questa crisi colpisce in modo particolare le aree rurali e periferiche, dove l’assenza di medici di famiglia costringe i cittadini a rivolgersi ai pronto soccorso anche per problemi gestibili sul territorio, con conseguenze negative per la qualità delle cure e per il funzionamento delle strutture ospedaliere. «Occorre prevedere incentivi fiscali per i medici che scelgono di lavorare in queste zone — propone Abbaticchio — così da ridurre le disuguaglianze territoriali e rafforzare le infrastrutture sanitarie locali».
Il presidente dello SMI sottolinea anche l’importanza di una riforma della formazione dei medici di famiglia: «Bisogna prevedere una vera e propria specializzazione in medicina generale, che prepari i medici ai nuovi compiti e alle nuove sfide, tenendo conto delle specificità del territorio in cui operano».
Un altro tema centrale riguarda la necessità di integrare maggiormente i vari attori dell’assistenza territoriale — medici di base, pediatri, infermieri di comunità, psicologi, assistenti sociali — in un sistema di servizi di prossimità capace di rispondere tempestivamente ai bisogni della popolazione, come previsto dal DM 77/2022.
Tra le proposte avanzate dallo SMI ci sono il potenziamento dei distretti sanitari, la riduzione degli oneri burocratici a carico dei medici, il ricorso alla telemedicina e agli strumenti digitali, soprattutto nelle aree remote. Tuttavia, queste innovazioni richiedono investimenti adeguati in infrastrutture e nella formazione del personale.
«Il SSN — avverte Abbaticchio — deve tornare a essere protagonista diretto dell’erogazione dei servizi, riducendo progressivamente il ricorso ai privati e destinando le risorse in via prioritaria al personale, alla prevenzione, alle cure primarie e alla domiciliarità, in particolare per le persone non autosufficienti e con disabilità».
Infine, il presidente dello SMI richiama l’attenzione sulla necessità di garantire livelli essenziali di prestazione (Lep) adeguatamente finanziati e uniformi su tutto il territorio nazionale, anche alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale sull’autonomia differenziata.
«Il diritto alla salute è un diritto fondamentale che deve essere garantito ovunque, senza disuguaglianze», conclude Abbaticchio, invocando un rinnovato impegno delle istituzioni e della società civile per un SSN più equo e sostenibile.

