Gio, 18 Aprile 2024
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Lotta al fumo, necessari nuovi strumenti

Nel mondo sono ancora un miliardo i fumatori, che generano un costo sui sistemi sanitari divenuto insostenibile

Seguendo quanto fatto in molti Paesi appare oramai evidente come anche in Europa serva un nuovo approccio più ampio alle politiche di controllo del fumo. Il semplice divieto, o la tassazione, non sortiscono effetti. Basti dire che nel Regno Unito, l’anno scorso il 36% dei fumatori ha provato a smettere, ma solo il 25% tra loro ce l’ha fatta, quindi, il restante 91% continua a fumare. Nel mondo sono ancora un miliardo i fumatori, che generano un costo sui sistemi sanitari divenuto insostenibile.

Per uscire da questa impasse esistono enti come Scohre, un’associazione scientifica internazionale di esperti indipendenti sul controllo del fumo e sulla riduzione dei danni, secondo cui le strategie di controllo del fumo dovrebbero essere riformulate per includere la riduzione del danno attraverso l’uso di prodotti alternativi potenzialmente a rischio ridotto, come le sigarette elettroniche o i prodotti a base di tabacco riscaldato. Il dibattito è aspro, tra chi non vede alternative e chi crede in questo approccio. Però alcune evidenze sono già disponibili e sono state illustrate al Congresso panellenico di salute pubblica 2022 ad Atene nel corso della sessione “Un nuovo sguardo di salute pubblica”. Dimitri Richter, a capo del dipartimento di cardiologia all’ospedale Euroclinico di Atene, parlando dei diversi approcci sulla riduzione del danno, ha spiegato come negli Usa “ci sia un buon programma, che andrebbe esteso anche in Europa. Solo se si dimostra che un nuovo prodotto comporta benefici per la salute pubblica nel suo complesso, può essere approvato.

L’approccio non è quello di avere nuovi fumatori, ma fumatori classici che passano ai nuovi prodotti”. In Europa invece si viaggia ancora con regole diverse da Paese a Paese e con una direttiva del 2016. Ecco perché, secondo Richter, “sarebbe utile un approccio simile a quello degli Usa anche in Europa”.
Ci sono poi Paesi che utilizzano approcci radicali, come la Nuova Zelanda, che ha reso definitivo il divieto di fumo per alcune fasce di età, ma per chi fumatore lo è già, ha scelto e incentivato le strategie di riduzione del danno. L’obiettivo, ambizioso, è di arrivare al 5% di fumatori nel 2025.

Ignatios Ikonomidis, professore di cardiologia all’università nazionale e Kapodistrian di Atene, nel suo intervento ha evidenziato proprio questo paradosso, secondo cui “esistono politiche europee sulla corretta alimentazione, per ridurre danni alla salute, ad esempio per ridurre il consumo di zucchero e i problemi cardiaci, ma sulle sigarette si va in ordine sparso”. Nonostante la riduzione del danno funzioni, come confermano gli studi svolti in Paesi anche molto diversi a livello culturale come Svezia e Giappone, come ha raccontato Karl Fagerström, professore emerito e presidente di una società di consulenza.

“Le malattie derivanti dal fumo calano, e senza interventi di comunicazione pubblica, o costi per gli enti pubblici, è qualcosa di misurabile”. Come sono misurabili le imposte che gravano sulla nicotina, che spesso sono identiche nelle sigarette tradizionali e in quelle elettroniche o nei prodotti a base di tabacco riscaldato, nonostante un’evidente minor rischio per la salute, come denunciato da Andrzej Fal, presidente della società di sanità pubblica polacca. L’impegno di Scohre va anche in questa direzione, con l’obiettivo di continuare a fare chiarezza, e soprattutto ridurre i danni sulla salute determinati dalle sigarette basate sulla combustione.

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